Storie e leggende sulla zeppola di San Giuseppe napoletana

I napoletani sono golosi di natura e non si lasciano mancare nulla a tavola, dall’antipasto al dolce. Tra i Dessert più amati di sempre troviamo la zeppola di San Giuseppe, un bignè farcito di crema e decorato con amarena. La tradizione vuole che le massaie partenopee, nonché le pasticcerie di Napoli, si diano un gran bel da fare durante la settimana del 19 marzo, per la preparazione di questo gustosissimo dolce. Se non sai nulla a riguardo, ti diamo noi qualche informazione, tra un gioco e l’altro su casinoonlineaams.com puoi leggere anche queste curiose notizie.

La prima ricetta ufficiale

La prima ricetta ufficiale della zeppola di San Giuseppe la si trova all’interno del Trattato di Cucina Teorico-Pratico scritto dal gastronomo Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino. Scritta in lingua napoletana, la ricetta prevede l’uso di zucchero, farina, acqua, liquore, olio per friggere. Sebbene la trascrizione risalga alla prima metà del 1800, la ricetta aleggiava nelle case partenopee già da diversi secoli

La leggenda di San Giuseppe

Perché si prepara proprio il giorno di San Giuseppe la zeppola? A dare una parvenza di risposta, quanto meno leggendaria, è la storia che ha per protagonista proprio San Giuseppe. Si narra infatti che dopo la fuga in Egitto, San Giuseppe avesse dovuto affiancare al suo mestiere di falegname un secondo lavoro che gli permette di portare avanti la famiglia. E dunque, si improvvisò friggitore di zeppole e venditore ambulante.

Sulla falsariga delle abitudini di San Giuseppe, negli anni si era sviluppato il lavoro di “zeppolaro” di strada a Napoli. Per le strade della città era facile imbattersi in questi banchetti su cui erano riposte zeppole appena fritte nell’olio bollente. Oggi comunque in pasticceria non ci sono dolci che reggano il confronto con la zeppola di San Giuseppe.

La leggenda romana

Una seconda leggenda della zeppola di San Giuseppe porta la nascita di questo dolce lontana da Napoli, bensì a Roma. Nei giorni in cui si festeggiava il dio del vino e il dio del grano, rispettivamente Bacco e Sileno, per tracannare vino e ambrosia più facilmente, si preparavano delle frittelle di frumento, cotte nello strutto bollente. Trattandosi di un culto pagano, quando divenne imperatore Teodosio II e furono proibiti tutti i culti pagani, questa festa, detta Liberalia, non fu più festeggiata. Ad ogni modo si ritiene che con il tempo quel vecchio culto fosse stato assorbito dal cristianesimo, il quale qualche anno dopo stabilì che il giorno di san Giuseppe fosse festeggiato il 19 marzo, due giorni dopo la festa della Liberalia. Si deduce quindi che le zeppole così come le conosciamo oggi sono delle degne discendenti delle antiche frittelle romane.

Perché si chiama “Zeppola”

In ultimo cerchiamo di capire con la parola zeppola che cosa si vuole intendere e perché hanno scelto proprio questo termine per definire i bignè alla crema e amarena. Dal punto di vista morfologico, qualcuno ritiene che derivi dal latino antico serpula, serpente, e con il tempo la s si è trasformata in z e rp si è trasformato in pp. Qualcun altro invece ritiene che il nome derivi dal termine latino cippus, zeppa in italiano, usato a Napoli per indicate un pezzo di legno usato per livellare i mobili. La forma di questo pezzetto di legno ricorda un po’ i piccoli panetti che si creano per realizzare poi la zeppola.

Un terzo filone di pensiero ritiene che il termine zeppola sia collegato alla cymbala un’imbarcazione fluviale dal fondo piatto che però in forma e consistenza ricorda un po’ una ciambella. Nel corso del tempo, la parola si è modificata dunque cymbala prima è diventata zippula, e poi zeppola.

Ad ogni modo la tesi più acclamata è che zeppola derivi dalla parola saeptula, sostantivo derivante dal verbo saepio, cingere, un termine che ricordava le forme rotonde, proprio come quelle di questo bignè.