Un gigante, in senso letterale e – soprattutto – figurato. Questo è stato Karl Lagerfeld, lo stilista tedesco (ma più parigino che mai d’adozione) scomparso martedì 19 febbraio all’età di 85 anni. Per lui, nato in un milieu piccolo-borghese di Amburgo, l’arrivo da giovanissimo nella capitale francese era stato l’inizio di un sogno lungo una vita. Un percorso comune a tanti artisti del Novecento, come Amedeo Modigliani partito da Livorno, Pablo Picasso da Malaga, Georges Simenon da Liegi.
La parola artista calzava a pennello alla figura di Lagerfeld, che artista lo era a tutto tondo: non solo inventava collezioni, ma era anche fotografo, illustratore, icona pop.
Il modo stesso di presentarsi, sempre uguale, sempre impeccabile ma con un tocco di trasgressione, ne faceva una figura a sé stante in un panorama dell’alta moda che certo non difetta di personaggi sopra le righe.
Scorrere la carriera di Karl Lagerfeld è un po’ come assistere a un’ascesa irresistibile. Quella di un predestinato che non può fare altro che assecondare un estro che dal nulla lo porterà lontano, lontanissimo, sul tetto del mondo.
Il primo concorso vinto, l’apprendistato di lusso presso Pierre Balmain e Jean Patou, e infine l’incontro decisivo con le sorelle Fendi, che ne capiscono il potenziale a tal punto da fargli sottoscrivere un contratto a vita.
Da lì in poi, il nome di Karl Lagerfeld si lega a doppio filo a quello dell’alta moda. Vara il proprio marchio personale, e poi nel 1983 entra nella maison delle maison: quella di Chanel, prendendo di fatto l’ingombrante eredità di Cocò.
Karl però non è tipo da spaventarsi, anzi: gli storici marchi sotto il suo controllo rinascono ogni volta a nuova vita, quasi avesse un tocco magico.
Invece è solo semplice, purissimo talento. Un talento che va di pari passo con le stravaganze che ne costellano la vita al di fuori delle passerelle.
Bisogna costruirsi un personaggio, e Lagerfeld lo capisce ben prima che l’avvento dei social diano alle apparenze un’importanza quasi totale. C’è il look, sempre uguale. Ma non solo.
Ci sono le frequentazioni, come quella longeva con Jacques de Baschet, volto noto della Parigi notturna, che si trasforma in relazione stabile.
Ci sono i vizi (ad esempio quello per il junkfood, che lo costringerà a una dieta a dir poco da record) e soprattutto i vezi, come si confà a un personaggio del rango di uno stilista. Uno di questi, forse il più chiacchierato in questi giorni, riguarda l’amore per il gatto Choupette, che nelle sue mani diventa il testimonial di qualsiasi tipo di marchio (purché non si tratti di cibo per animali, perché – va da sé – noblesse oblige).
A lui va parte dell’eredità plurimilionaria di una grande figura del nostro tempo. Per saperne di più, rimandiamo all’infografica realizzata per l’occasione da Stampaprint, azienda leader nella stampa online. Attraverso dieci curiosità, potrai saperne di più sulla vita e sull’opera di Karl Lagerfeld.
Forse il modo migliore per salutare un genio che, attraverso il suo pensiero, ha saputo cambiare il nostro modo di vestire. E forse anche di essere.