Simone Andreoli Mandorla di Noto, il profumo gourmand del tempo perduto

Le note gourmand solleticano in modo giocoso la fantasia: nelle fragranze, un tocco goloso, è in grado di conferire una maliziosa sensualità e di riportare indietro nel tempo ai dolci ricordi dell’infanzia suscitando un immediato impulso di nostalgia. Le note olfattive dai sapori zuccherini che evocano l’universo della confetteria e, soprattutto dell’alta pasticceria, trasportano immediatamente in un’atmosfera magica e fiabesca. Dall’intento di valorizzare le eccellenze del territorio italiano nasce  Simone Andreoli Italian Heritage, una collezione di 3 profumi d’autore che attraverso le loro essenze rendono omaggio all’arte dolciaria siciliana, al fico nero della Sardegna e al limone di Sorrento.

“Siamo orientati alla bellezza attraverso una sensazione di appartenenza.
Un sentimento incondizionato in cui riconoscerci e identificarci perché noi apparteniamo alla bellezza e la bellezza, dimora del nostro essere, appartiene a noi.
Siamo terra di artisti e geni votati all’eccellenza assoluta, una vocazione profonda che respiriamo fin dalla nascita.
Siamo quel piccolo spazio nel mondo in grado di affascinare e di emozionare da secoli attraverso la sua cultura, il suo prestigio e il suo savoir-faire.
Essere italiani significa condividere la grandezza della nostra storia e di un territorio comune ma riconoscibile, dai confini evidenti e dai profili netti.
Essere italiani è uno stile di vita. Noi non siamo paragonabili ad altri. Noi siamo noi”.

Simone Andreoli

 

Dalla linea Italian Heritage: Simone Andreoli Mandorla di Noto

Mandorla di Noto è una fragranza soave che trasporta nel laboratorio di un maître patissier siciliano durante la preparazione della pasta di mandorle. Una nota nostalgica che non si limita solo al richiamo del passato, ma che si mescola efficacemente a quanto di meglio la modernità ci offre per inebriare i sensi rievocando la sensazione di un abbraccio rassicurante.
Note olfattive: Mandorle, Zucchero a velo, Ambra e Vaniglia.

Mandorla di Noto di Simone Andreoli, il profumo gourmand del tempo perduto

Quella singolare atmosfera, quella sensazione di inebriante fragranza fatta per sognare, tipica di un tempo, la ritroviamo ancora oggi solo nei profumi alle mandorle. Come un’opera d’arte avvolgente e carismatica che si staglia indelebile nella memoria di chi, sentendolo, ne resta ammaliato. Involontario ed inconscio, questo tema affiora più volte anche nelle pagine dell’opera di Proust “Alla ricerca del tempo perduto“:

Un giorno d’inverno, al mio ritorno a casa, mia madre, vedendomi infreddolito, mi propose di bere, contrariamente alla mia abitudine, una tazza di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, cambiai idea. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti che chiamano Petites Madeleines e che sembrano modellati dentro la valva scanalata di una “cappasanta”. E subito, meccanicamente, oppresso dalla giornata uggiosa e dalla prospettiva di un domani malinconico, mi portai alle labbra un cucchiaino di tè nel quale avevo lasciato che si ammorbidisse un pezzetto di madeleine. Ma nello stesso istante in cui il liquido al quale erano mischiate le briciole del dolce raggiunse il mio palato, io trasalii, attratto da qualcosa di straordinario che accadeva dentro di me. Una deliziosa voluttà mi aveva invaso, isolata, staccata da qualsiasi nozione della sua causa. Di colpo mi aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i miei disastri, illusoria la sua brevità, agendo nello stesso modo dell’amore, colmandomi di un’essenza preziosa: o meglio, quell’essenza non era dentro di me, io ero quell’essenza. Avevo smesso di sentirmi mediocre, contingente, mortale. Da dove poteva giungermi una gioia così potente? Sentivo che era legata al sapore del tè e del dolce, ma lo superava infinitamente, non doveva condividerne la natura. Da dove veniva? Cosa significava? Dove afferrarla? Bevo una seconda sorsata nella quale non trovo nulla di più che nella prima, una terza che mi dà un po’ meno della seconda. È tempo che mi fermi, la virtù del filtro sembra diminuire. È chiaro che la verità che cerco non è lì dentro, ma in me. La bevanda l’ha risvegliata, ma non la conosce, e non può che ripetere indefinitamente, ma con sempre minore forza, la stessa testimonianza. […] E tutt’a un tratto il ricordo è apparso davanti a me. Il sapore, era quello del pezzetto di madeleine che la domenica mattina a Combray, quando andavo a dirle buongiorno nella sua camera da letto, zia Léonie mi offriva dopo averlo intinto nel suo infuso di tè o di tiglio.